venerdì 19 febbraio 2010

Read the news, today (Oh boy)


Se lo scorso otto dicembre eravate per le strade di San Francisco a inseguire qualcuno, a fare gli hippies o a fare gli omosessuali, potevate comprare una copia del San Francisco Panorama per cinque dollari. Io, l'otto dicembre, ero a Via della Conciliazione, a Roma, a comprare un presepe per mia madre, così ho dovuto aspettare che andasse in ristampa [la prima tiratura è finita in un attimo], che venisse messo in vendita on-line [a gennaio] a sedici dollari e fosse possibile comprarlo da ibs.it [per tredici euro e mezzo]. Mi è arrivato ieri.


Il San Francisco Panorama  è il numero trentatre della rivista letteraria McSweeney's Quarterly Concern - quella fondata da Dave Eggers, che ogni volta è diversa - ed è un prototipo di quotidiano. Arriva in una scintillante busta di plastica argentata e trasparente [per far vedere la testata, disegnata da Daniel Clowes]. Sul retro si legge: "A celebration of the newspaper". Dentro alla busta, oltre al quotidiano c'è un magazine e la Panorama Book Review.
Il quotidiano è un po' più grande del Corriere della Sera e è diviso in dieci parti - inclusa quella con la storia di Stephen King alle World Series e la Comics Section - più un poster e un cartoncino di Chris Ware pieno di roba à la Chris Ware. C'è anche una specie di foglietto illustrativo che si chiama Information Pamphlet, dove è specificato tutto quello che si poteva specificare: i font [Sabon, Verlag e  Filosofia], i software [Quark X-press 8, Photoshop e Illustrator], le cose che sono state tagliate. Soprattutto, c'è un dettagliatissimo conto spese dal quale si ricava che ogni Panorama [tutto incluso] è costato sei dollari e novantotto, che le spese "editoriali" ["all the contributors, plus supplemental staff, equipment, copyediting, one lamb, etc."] hanno leggermente sforato gli ottantamila dollari e i ricavi della raccolta pubblicitaria sono arrivati a sessantamila [c'è anche un'inserzione di Internazionale].
A questo punto dovrei dire quello che c'è dentro, al quotidiano, ma non credo che lo farò, perché è davvero troppa roba. Da un pezzo sulle sopracciglia di Michelle Obama a cinquantotto foto per spiegare passo dopo passo come si prepara l'agnello. Dal fumetto di Dan Clowes intitolato The Christian Astronauts a un reportage sul nuovo ponte tra San Francisco e Oakland. Più l'oroscopo e i giochi. Più la lista dei distributori di San Francisco dove la benzina costa meno. Più i bambini che recensiscono i film per bambini. Più - e questa è la cosa che più sbalordisce [proprio così] a una prima occhiata - una veste grafica straordinaria.
Il San Francisco Panorama è arte tipografica al suo meglio. Se non fossi una bibliomane che se solo potesse conserverebbe sottovuoto tutti i suoi libri, potrei prendere ogni pagina, incorniciarla e appenderla alle pareti del mio spoglio appartamento da bibliomane.
Sotto questo punto di vista, il magazine è un po' deludente. E' elegantissimo, certo, ma abbastanza da diventare noioso. Dentro c'è Michael Chabon che parla del Power Pop, Chip Kidd dei biglietti del treno ["perhaps the planet's most confusing use of paper."], e una tavola rotonda sulla distribuzione dei film.
La Book Review ci riporta al sensazionale. Oltre alle recensioni [sette in totale] ci sono due "very short" stories di mezza pagina, una nonfiction su i modelli che posano per le copertine dei romanzi rosa, un'utilissima tabella con la pronuncia corretta di molti nomi di scrittori [dove si scopre che Chabon si pronuncia "SHAY-bahn" e Palahniuk "PAHL-a-nik"], un racconto di George Saunders che comincia così: "Deer Reeder: First may I say, sorry for any werds I spell rong. Because I am a fox!" e finisce così: "If you want your Storys to end happy, try being niser." [me lo farò tatuare da qualche parte], e un racconto di James Franco [quello che faceva il fidanzato di Sean Penn in Milk e il fidanzato (?) di Tobey Maguire in Spiderman], che ha preso lezioni di scrittura creativa e quest'anno dovrebbe pubblicare un romanzo.

Considerate che questo non è nemmeno un quarto di tutto quello che c'è nella busta di plastica del numero trentatre di McSweeney's. Ma considerate anche che è solo un prototipo, che molto è stato escluso, ecc. ecc.
Ora considerate quello che ho detto che sta scritto sulla confezione. "A celebration of the newspaper".
Nonostante il progetto fosse nato per dimostrare quanto si può ancora fare con i giornali, per suggerire una via d'uscita dalla crisi che da un sacco di tempo ormai ha colpito i quotidiani [prima che colpisse l'editoria libraria], il San Francisco Panorama non è altro che una celebrazione intesa come commemorazione. E' una superba orazione funebre, un monumento [nel senso proprio del termine] a tutto quello che la stampa ha fatto di bello, a quello che il medium giornale ha rappresentato per noi. Certo, potrebbe offrire idee interessanti per addolcire l'agonia dei quotidiani, forse addirittura servire da modello per un quotidiano di transizione in grado di affiancare [seppure a qualche metro di distanza] i giornali online prima che questi prendano definitivamente il sopravvento, ma, alla fine, a che servirebbe?



Se intorno al 1910 la neonata industria automobilistica avesse indetto un congresso per studiare il futuro del cavallo, la discussione si sarebbe accentrata sulla necessità di scoprire nuovi compiti per questo animale e nuove forme d'addestramento per accrescerne l'utilità.
-- Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare


5 commenti:

dave ha detto...

Ho scorso un paio di vecchi numeri di mcsweeney's in libreria, e condivido in pieno l'ammirazione per la cura grafica e tipografica, per la raffinatezza dei contenuti, etc, etc. L'unico dubbio - che poi mi ha trattenuto dall'acquisto - è più o meno il solito: non sarà troppa roba? Non si rischia di esserne assorbiti completamente e di riempirsi fino alla nausea, fino a non avere più spazio per nient'altro? E' un problema mio? Mi aiuti, dottore!

ludmilla ha detto...

non lo so. secondo me molto dipende dall'idea alla base di ogni numero. se quella è buona funziona un po' tutto. certe volte il paratesto è più del testo, ma almeno un paio di buoni racconti si trovano sempre.
eggers dice spesso che loro vogliono dare alla gente un buon motivo per pagare i loro libri. il che significa anche investire molto nella "cura grafica e tipografica" [sempre nell'information pamphlet c'è scritto che in media per ogni numero spendono sui 5000$, e 1500$ sono per quello]. dopotutto i libri sono - ancora - oggetti di carta. se un buon racconto lo posso leggere [magari gratis]anche sull'iPhone, quando compro un libro, oltre al buon testo, cerco anche qualcosa che non sembri stampato da una hp nel retro della libreria. io, almeno.

dave ha detto...

no, aspetta, forse non mi ero spiegato bene: sono del tutto in accordo con te sulla questione della cura per l'oggetto libro, e reputo fantastico il lavoro fatto da eggers e soci (anche nella varietà delle proposte, sempre però a un livello di qualità elevatissimo). il mio dubbio era proprio sui contenuti, cioè: così tanta roba tutta insieme non rischia di dare un senso di soffocamento, di "occlusione"? Volevo capire se è un mio limite - che potrebbe essere, eh - o se anche altri provano lo stesso timore di fronte a un tale diluvio linguistico.
Mi dirai - embè, mica ti costringono - e infatti no, però la tentazione c'è, sempre, ma di solito è più forte la soggezione...
ok la smetto. :D

ludmilla ha detto...

ok. adesso ho capito. credo.
comunque la risposta è sempre la stessa: non lo so.
voglio dire, i volumi mcsweeney's danno un senso di "occlusione". per (ri)citare mcluhan, sono "caldi" [e anche in questo sono un esempio perfetto di arte tipografica], sono esclusivi, non permettono al lettore di essere granché attivo. non sono "strumenti" - nel senso einaudiano del termine.
poi, credo che dipenda da quello che uno cerca, in un libro.
credo.
non lo so.

federico ha detto...

io ora ho voglia di comprarne uno.