Essere a Cornish, nello studio di J.D. Salinger, fa un po' lo stesso effetto di toccarsi nella sagrestia di una chiesa.
Siamo qui su invito di Phyllis Westberg, l'agente, Marcia B. Paul, l'avvocato, e Matt, il figlio. Io, in realtà, ci sono per sbaglio. Tornavo a casa dopo essere stata alla presentazione dell'iPad quando il mio aereo è stato fatto atterrare nel New Hampshire causa allarme-bomba [ma era solo un calabrese che non riusciva ad abbottonarsi i pantaloni]. Chiedendo informazioni per l'Holiday Inn più vicino sono finita in quello in cui alloggiavano gli emissari del maggiore gruppo editoriale italiano, che quando hanno visto che me la cavavo bene con l'inglese mi hanno chiesto di accompagnarli. "Ma tanto a gesti ci saremmo fatti capire lo stesso", hanno sottolineato.
Lo studio dello scrittore, dicevo, mette in soggezione. Le pesanti tende di velluto nero alle finestre, i numerosi papiri in sanscrito accatastati ovunque, una serie di barattoli di vetro che sembrano contenere urina, un orologio rotto, un teschio: tutto questo, sommato al forte odore di incenso e brillantina, rende l'ambiente forse poco adatto alla riunione. "Del resto", ci spiega il figlio, "tutte le altra stanze le abbiamo affittate a studenti della Dartmouth".
Tutto sommato non si sta stretti. I convenuti sono giusto una decina: c'è l'editor di Little, Brown & Co., un paio di persone da Hachette, due per HarperCollins, i due tizi del maggior gruppo editoriale italiano insieme a me, un signore tutto vestito di nero per Bertelsmann, e per Random House, Knopf e Pantheon un'altra persona.
"Dunque", esordisce l'agente, "siamo qui riuniti, oggi, per parlare degli inediti di J.D. Salinger. Cominciamo col dire che Salinger, Dio lo abbia in gloria, non ha più messo mano al testamento dalla metà degli anni Cinquanta, il che vuol dire che la persona che, stando al suo volere, dovrebbe curare la pubblicazione di questi inediti è Ernest Hemingway. Tutti quelli che, secondo le sue indicazioni, avrebbero potuto farlo al posto di Hemingway sono morti. Perché Salinger non abbia stilato un nuovo testamento dopo il '61 non ci è dato saperlo", e guarda di sottecchi l'avvocato, "fatto sta che, in accordo coi famigliari, si è deciso di mettere tutto in mano al miglior offerente. Questa però non è un'asta. L'asta dovrebbe tenersi tra qualche mese a New York, al Madison Square Garden. Oggi avrete solo un'anteprima, un assaggio di questi manoscritti."
Si ferma. Osserva l'uditorio. Inforca gli occhiali. L'unico rumore nella stanza è la musica dei Panic at the disco che viene da una delle camere affitate agli studenti.
"Allora", riprende, "cominciamo col dire che gli inediti veri e propri sono diciassette. Dico
veri e propri perché sembra che negli ultimi trent'anni Salinger non abbia fatto altro che ricopiare pari pari, a mano, tutti i classici della letteratura. C'è il manoscritto di
Guerra e Pace, quello della
Recherche, quello del
Decameron, quello del
Don Chisciotte e molti altri. Comunque organizzeremo un'asta anche per questi. Non si sa mai", sorride.
"Gli inediti veri e propri, dicevo, sono diciassete. Di cosa si tratta? Romanzi, tre; il resto sono racconti, la maggior parte lunghi. Vi dico subito che non c'è il Grande Romanzo della famiglia Glass, come qualcuno forse s'aspettava, ma dieci dei quattordici racconti parlano di loro. Uno, intitolato
The middle passage of the old ladies, ha per protagonisti i gemelli Walt e Waker. Waker torna in un altro racconto lungo in cui è la voce narrante e descrive la sua vita al convento e le sue avventure prima dell'ordinamento. C'è un racconto intitolato
Zachary Martin go to America che parla delle prime esperienze di Zooey a Hollywood e ce n'è un altro sulle prime esperienze lesbo di Franny. C'è un racconto,
Beatrice getting married, in cui Buddy racconta del divorzio di Boo Boo, causato dalla pubblicazione di un racconto dello stesso Buddy - un altro degli inediti, nella realtà - in cui parlava di una scappatella della sorella. Tre dei racconti sono tutti su Buddy: in uno lo vediamo mentre prepara una lezione da tenere al college femminile, in un altro mentre abborda una studentessa dopo la lezione, nel terzo mentre è casa con la studentessa per, insomma, ci siamo capiti. Il racconto lungo forse più interessante sulla saga Glass è quello che si chiama proprio
Glass. Nel 1949 Buddy, Waker, Boo Boo, Franny e Zooey sono tutti riuniti sotto lo stesso tetto, nella casa di famiglia; chi per un motivo, chi per un altro. La madre Bessie sta cercando di divorziare da Les, che ha cacciato di casa, ma questi approffita della famiglia riunita per tornare dalla moglie con la scusa di avere una malattia terminale. Qui l'ironia salingeriana è al massimo", sorride.
"Per quanto riguarda i racconti non-Glass, invece, accenno solo a quello che vede protagonista Esmé, che avevamo lasciato bambina e ritroviamo adulta, mentre va all'ospedale ad abortire."
Si ferma per bere un bicchiere d'acqua.
"Ora veniamo ai romanzi. Quello per il quale sarete disposti a spendere di più è il sequel del
Giovane Holden".
L'uditorio è percorso da un brivido.
"Ebbene sì", riprende l'agente, "c'è un seguito. Si intitola
Tatcher and french fries. Holden è un anziano signore che vive nel New England, si è sposato più volte ma ora è solo, accudito dall'amorevole figlia. Il romanzo è concentrato tutto in una giornata, quella in cui Holden scopre che la figlia sta girando un documentario su di lui da presentare al Sundance. A proposito, è davvero spassosa la descrizione del festival - altro che
phony, ne sentirete delle belle. Comunque, dicevo, la figlia vuole andare al Sundance con questo documentario sui vecchi che una volta erano persone fantastiche e invece da vecchie sono solo vecchi. La figlia è una psicologa famosa. E lui scopre i suoi piani e, be', non posso mica raccontarvi come finisce, no?"
Il tizio di Little, Brown & Co. ride nervoso.
"Gli altri due romanzi. Parliamo degli altri due romanzi. Allora, uno si chiama
Here comes the sun, è lungo cinquecentosessanta pagine e più o meno è la storia del viaggio in India dei Beatles. L'io narrante è il guru Maharishi Mahesh Yogi. L'altro romanzo è molto particolare. Un uomo, uno scrittore, è in piena crisi creativa e deve preparare delle lezioni da tenere in una prestigiosa università, il che rappresenta un'occasione per riflettere su tutto il suo lavoro fatto finora. Mentre è in vacanza al mare, però, muore, ma un attimo prima di chiudere gli occhi per sempre si ricorda che in uno dei suoi libri il portagonista faceva la sua stessa fine: praticamente la sua morte lui l'aveva già scritta. Allora quest'attimo si dilata sempre di più e la vita dell'uomo e quella dei suoi personaggi si fondono e si mischiano e si perde totalmente il confine delle cose e, ecco, è un bel casino. E con questo casino chiudiamo il nostro incontro di oggi. Grazie di essere venuti. Speriamo di vedervi tutti al Madison Square Garden".
Prima di togliersi gli occhiali chiede: "Ci sono delle domande?"
Uno dei due emissari del maggiore gruppo editoriale italiano mi sussurra qualcosa all'orecchio e io traduco: "C'è una domanda per Matt Salinger. Ha mai pensato di scrivere qualcosa sulla sua esperienza come Capitan America?"
6 commenti:
davvero ben pensato, e con delle autentiche gemme, tipo:
"quando hanno visto che me la cavavo bene con l'inglese mi hanno chiesto di accompagnarli. "Ma tanto a gesti ci saremmo fatti capire lo stesso", hanno sottolineato."
e
"Cominciamo col dire che Salinger, Dio lo abbia in gloria, non ha più messo mano al testamento dalla metà degli anni Cinquanta, il che vuol dire che la persona che, stando al suo volere, dovrebbe curare la pubblicazione di questi inediti è Ernest Hemingway".
quest'ultima, in particolare, è sublime.
brava Ludmilla. devo ammettere che sei la più talentuosa del "gruppo".
e-
adesso "gli altri" saranno invidiosi
embè, qua e- va in giro con le palette per i voti... ;-)
sì, Fe': a tu un cinque.
meno ;)
e-
maledetto, maledetto, è anche un voto giusto, maledetto!!!
(in 30imi eh)
* ma sappi che mi vendicherò :D
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