giovedì 24 giugno 2010

America's Next Top Novel*

Proprio ieri dicevo che la Nazionale non era spacciata e anzi, prevedevo una ripresa. Questo significa a) che porto più sfiga di gb; b) che ora che i Mondiali per l'Italia sono finiti possiamo tornare a parlare di cose che non interessano a nessuno, per esempio:
Ne avevamo accennato un mese fa e ora, con un sacco di tempo di ritardo, ci torniamo.
E' uscita la lista dei 20 under 40 del New Yorker. 
Venti scrittori sotto i quarant'anni selezionati dalla prestigiosa rivista americana ecc. ecc. in base - da quanto si legge nell'editoriale - non solo al talento e alla padronanza di linguaggio e storytelling, ma [o potremmo dire "quanto"] alla loro ambizione.
[...] they are all aiming for greatness: fighting to get our attention, and to hold it, in a culture that is flooded with words, sounds, and pictures; fighting to surprise, to entertain, to teach, and to move not only us but generations of readers to come.
Che non saprei dire quanto sia giusto, come criterio, ma è un criterio, su questo non ci sono dubbi - come non ce ne sono sull'arbitrarietà di ogni lista.
I Venti sono tutti qui e non mi metterò a citarli uno per uno. Dieci sono maschi e dieci femmine [un 50 e 50 un po' sospetto]; nove non son nati negli Stati Uniti. Quindici sono pubblicati anche in Italia [la maggior parte da Mondadori & Affiliati, obviously]. Uno si chiama Daniel Alarcòn e ne avevamo parlato. Tutti rispondono alle stesse dieci domande.
A "Hai mai pensato di non fare lo scrittore", il nostro risponde:
Do you mean did I ever consider becoming something else? Yes. As a boy, I wanted to be the Peruvian Diego Maradona. Sadly, Peru hasn’t made the World Cup since 1982, so I guess I did well to choose something different. But, more to the point, not becoming a writer is something I consider every single day, if only for a moment. What if today I didn’t write? What would I do?
Alla domanda "What was the first piece of fiction you read that had an impact on you?", Jonathan Safran Foer dice: Le città invisibili di Calvino, cosa che riesce a renderlo contemporaneamente più simpatico e più antipatico. [Ma il suo racconto pubblicato sulla rivista, intitolato Here we aren't, so quickly, è l'unico che ho avuto il tempo di leggere ed è bello: è fatto di frasi minime legate blandamente le une alle altre quando non lo sono per niente, attraverso cui si dipana la storia di un matrimonio e che puntano tutte in questa direzione: "Everything else happened - why not the things that could have?"].
Chirs Adrian, che è nei cinque non ancora tradotti, alla domanda "What, in your opinion, makes a piece of fiction work?", risponde nel modo più semplice e più azzeccato:
Credo ci debba essere in ballo qualcosa che lo scrittore, i personaggi e il lettore possano tutti considerare interessante e importante.
Che altro ci vuole, se no?


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*E' una citazione.

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