venerdì 8 gennaio 2010

Pochi consigli per sopravvivere a una brutta storia

Fate conto di stare a un pranzo o a una cena come quelli cui avete preso parte durante queste feste. La casa non è la vostra, i commensali sono un misto di parenti, parenti acquisiti, parenti che non credevate di avere, amici dei parenti, amici di qualcun altro, un paio di persone la cui presenza è per voi del tutto inspiegabile. Fate conto che a un certo punto, tra l'ultima portata e il
dolce, uno di questi - mettiamo, un parente acquisito - se ne esca con una storia. Capite che sta per racccontare qualcosa perché si sporge sulla sedia, raddrizza la schiena e aspetta che ci sia un attimo di silenzio. La storia fate che sia quella del pestaggio di due rumeni ubriachi a opera di chi racconta e di due suoi colleghi; rumeni colpevoli, oltre che - a quanto pare - di ubriachezza molesta, di essersi avvicinati con fare minaccioso a due ragazze, senza tuttavia rappresentare una minaccia reale, essendo - sempre a detta di chi parla - "troppo ubriachi per fare qualsiasi cosa". Forse la parola pestaggio non è la più azzeccata, però. Chi parla descrive la scena come: due tizi presi a calci da noi tre. Ma qui viene il bello. Non esce fuori da un palazzo che si affaccia sulla via centralissima di Roma dove è avvenuto il fatto una mezza matta che si mette a strepitare minacciando i tre di denuncia? Vuole sapere i loro nomi. Dice di aver chiamato i vigili urbani. Che poi in effetti arrivano e domandano della rissa, riconoscono i tre colleghi - in quanto anch'essi membri delle forze dell'ordine - e sorridono, e si sentono rispondere "se li cercate, dovrebbero stare sdraiati là dietro".
Forse vi aspettavate una barzelletta.
Potrebbe anche darsi che la persona che ha appena parlato già non vi fosse tanto simpatica. Se siamo sulla stessa lunghezza d'onda, è probabile anche che non avevate nessuna stima per lui. Ora vi starete chiedendo qual è il livello sotto a questo nella scala della considerazione. Fate conto che sia quello in cui alle locuzioni educate si sostituiscono più sintetici insulti. Nonostante tutto, però, preferite ragionare (sarà anche solo per distinguervi). Decidete che, in fondo, quello che avete appena ascoltato è un racconto in cui le relazioni di causa ed effetto sono rigidamente mantenute. Il narratore è, come già accennato, un uomo delle forze dell'ordine, che adesso è impiegato come autista per un tizio che una volta ricopriva una carica istituzionale ma che adesso è un semplice pensionato - certo, non tanto semplice se può usufruire di un autista pagato dallo Stato. A dirla tutta, autista è riduttivo. Il nostro narratore è più un factotum: scarrozza in giro per l'Italia il pensionato e altri membri della sua famiglia, ritira pacchi, consegna pacchi, porta buste della spesa. All'occorrenza, tiene d'occhio i nipotini del capo. E' un lavoro che a voi potrà sembrare addirittura umiliante, ma che per il nostro è motivo di orgoglio, dato che gli permette di entrare in contatto col Mondo Che Conta, con la cosiddetta Roma Bene, con Quelli Che Decidono Le Cose Importanti. Direte che in questo mondo sì, ci entra, ma dalla porta di servizio, e per restare negli alloggi della servitù. Avete ragione, ma a lui sembra non importare affatto - sempre che se ne sia accorto. Se non se n'è accorto, tuttavia, in qualche modo - ne siete sicuri - ne deve avvertire il peso. Ed è ovvio che questo peso lo vada a scaricare su chi sta messo peggio di lui, su chi, in scala, con lui ha lo stesso rapporto che lo lega all'ambiente cui si illude di appartenere. C'è niente che dica Italia Berlusconiana meglio di questo? Fate conto di no.
Adesso che avete messo tutti i pezzi nell'ordine giusto dovreste sentirvi non dico sollevati, ma almeno rassicurati dalla distanza che avete posto tra voi e l'oggetto della vostra analisi. Eppure non siete in pace. Quello che ancora vi tormenta - ve lo dico io - è ilmodo. Il modo innocente e innocuo, il tono della voce tranquillo e a tratti giocoso di chi ha raccontato quella storia. Come se avesse detto di quando ha trascorso il Natale in montagna appena sposato, o dell'ultima marachella del più piccolo dei suoi figli. Come se stesse spiegando le regole di un gioco di carte. Certo, dovete anche mettere in conto il fatto che avete inventato una scusa per andarvene e ve la siete data a gambe. Ma, insomma, conta più quello.

6 commenti:

Salv. ha detto...

si, ci si aspettava una barzelletta, più importante quello che si è letto però: un reale e tristerrimo episodio-sintomo di come il paese sia anestetizzato nei confronti delle barbarie, liberamente accettate e perpetrate in maniera sempre più violenta (si pensi agli eventi di Rosarno di questi giorni).

che amarezza.

enzo ha detto...

La nazistificazione della società ha preso piede, è un virus molto aggressivo. Quotidianamente ci troviamo di fronte a fatti analoghi, io sul lavoro (e siamo in tre!). Ho un collega sensibile al nazismo, pur essendo un convinto comunista da sempre. A volte mi basta una parola magica per farlo risvegliare dall'incubo della sua vita, ma temo sia una cosa temporanea, e che appena acceso il televisore riprenda le vesti di un SS.

gb ha detto...

salvatore, da quanto tempo

Salv. ha detto...

oddio ho appena realizzato chi si cela dietro l'acronimo gb!

Che meraviglia!

ludmilla ha detto...

sinceramente in "sensibile al nazismo, pur essendo un convinto comunista da sempre" mi sfugge il nesso.
comunque, sulla violenza diffusa ce ne sarebbero di cose da dire - nonostante gli "appelli all'AMORE" seguiti al famoso lancio del souvenir dicano già molto da soli.

enzo ha detto...

Sai quei compagni che portavano l'Unità nelle case fin da bimbetti e che poi hanno accumulato una così grande frustrazione da cercare un nemico comunque e l'hanno trovato nello straniero?
Ecco, quelli.