lunedì 25 ottobre 2010

Where I End And You Begin

Voi ci credete che il 2012 finisce il Mondo? Noi no. Noi ci speriamo.
Certo, certo, significherebbe che non abbiamo nemmeno due anni di vita. Significherebbe la fine di tutto. Ma pensate per un attimo ai vantaggi.
Per dire, ci eviteremmo decenni, forse secoli, di orrore postatomico - la desertificazione, il cannibalismo, i mutanti, gli zombie, etc. etc. E non dovremmo pagare il funerale di nessuno. E poi, insomma, non sareste curiosi di sapere come va a finire? Cioè, nessuno c'era quando tutto è iniziato - quella nave è salpata, hipsters. Ma essere i testimoni oculari dell'Apocalisse? Pensateci seriamente per un secondo: esserci per la Fine del Mondo. Esserci per il Vesuvio che erutta di nuovo, per le Alpi che sprofondano sotto il livello del mare, per la melma che sommerge una volta per tutte Venezia, per gli orsi polari che cercano rifugio in un megastore Tezenis a Milano.
Non sarebbe fantastico?
Vabbé, poi dovremmo morire. Ma tanto moriremo tutti lo stesso - sarebbe bello farlo tutti insieme, come una famiglia.
2012, noi ci contiamo.

Nel frattempo, diciamo addio a lacollanadellaregina.blogspot.com e benvenuto a lacollanadellaregina.wordpress.com.

"Come? Perché non dirlo subito? Perché Wordpress? Ho sottratto tempo prezioso alla mia vita per leggere quella stronzata della fine del mondo solo per questo? Dio mio, radi al suolo tutto, ti prego!"
Adesso ci siamo.
Per i prossimi due anni [ma magari meno] La Collana della Regina cambia casa, ché adesso ci stanno pure quelli che prima avevano un blog che poi ha chiuso [che non possiamo nominare in assenza del nostro legale], ma non ci stanno tutti. E poi ci stiamo noi, tutti. Noi e questi altri. Da un'altra parte. The End.  



domenica 26 settembre 2010

Genio, incompreso

Occorrente:
1 pene;
1 carta d’identità valida per l’espatrio;
2 ragazze di nazionalità diversa dalla propria;
1 amico stupido;
1 quaderno e/o blocco da disegno;
1 casale in campagna che avrebbe bisogno di essere ristrutturato ma non importa;
1 (almeno) parete interamente occupata da libri;
6 figli;
1 lutto.

lunedì 20 settembre 2010

Che è(,) il Burundi?

"Sembre che stia per ricominciare la guerra civile".
Immagino che siano molto poche le volte in cui ci si può sentir rispondere una roba del genere, in assoluta serietà.
Siamo in un ristorante sul lago a festeggiare il compleanno di qualcuno. Sono quasi le quattro e del pomeriggio e ci aspetta ancora la frittura di pesce. Gli altri invitati parlano di gente che non conosco - non li ascolto. Seduto accanto a me c'è M. Se io non so bene di cosa parlino gli altri, lui non ne ha idea. Se ne sta in silenzio a giocare con le molliche di pane sparse sulla tovaglia, finché non gli chiedo come sono andate le elezioni. Mi risponde quella roba qui sopra, sulla guerra civile, e aggiunge: "L'altra settimana un gruppo di uomini armati ha circondato degli operai che lavoravano la terra del Presidente. Li accusavano di lavorare per il Presidente. In pieno giorno, ne hanno ammazzati nove".
M. chiama gli agricoltori "operai". Viene dal Burundi, dove è successo quello che mi ha raccontato.

sabato 18 settembre 2010

Cioranerie 3

La poubelle agréée. L'AMA, o il Comune, o tutti e due, o chi altro mi obbliga [nel senso proprio di "o questo o l'immondizia la lasci negli angoli, ché leviamo i cassonetti, ci sono i 'punti mobili di raccolta', vai a portare la spazzatura a loro' - a quando il primo caso di anziana donna sola trovata morta nel proprio appartamento dopo che i vicini si lamentavano della puzza e hanno chiamato il figlio che ha aperto la porta e ha visto un mucchio di immondizia e ha detto "ah, bene, non è andata a buttare la spazzatura" e poi sotto il mucchio ha trovato la vecchia morta?] mi obbliga, dicevo, a fare la raccolta differenziata dei rifiuti. Carta | Vetro, plastica, metallo | Materiali non riciclabili | Rifiuti organici. Come posso non pensare alla morte e a quello che (non) verrà dopo (?) se devo fermarmi a riflettere sul posto che occupa un cotton fioc usato, ogni cotton fioc usato? 

- - - -

Grammar Nazi. Un mendicante chiede "Una moneta da mangiare". Pensare "O ci metti una virgola o cambi la preposizione".

domenica 12 settembre 2010

[Il racconto del mese #10]

Siamo arrivati ai numeri a due cifre! Chi l'avrebbe mai detto?
Noi no di certo - ci diamo di continuo per spacciati. E invece eccoci, sopravvissuti addirittura a Cossiga.
Ma il merito non è certo nostro. Siete voi, con i vostri racconti, a permetterci di esistere. Voi siete le Star.
E con voi oggi intendiamo Alessandro Milanese [ve lo ricorderete], che ci ha mandato un racconto che si chiama Cheerleader come la canzone dei Grizzly Bear e è l'ideale per l'ultimo giorno di vacanza, prima che riaprano le scuole. 
Lo leggete cliccando qui sotto o qui, poi via a finire di fare i compiti.



Vuoi essere il prossimo bersaglio delle avances di Bruno Vespa? Manda il tuo racconto a lacollanadellaregina@gmail.com.

giovedì 2 settembre 2010

Le prove dell'esistenza di Topolino



"Io, bambino com'ero, ne restavo assai impressionato e stupito."
- F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov

Ho ricevuto una Solida Educazione Cattolica. Uno zio prete, due genitori con un passato da catechisti, la messa ogni domenica che ha fatto Cristo, campi scuola parrocchiali [prima accompagnando i miei, poi da solo], due ore a settimana di catechismo in preparazione alla comunione [con l'aggravante di una catechista che era anche la mia maestra di italiano alle elementari, che spesso nelle ore in cui avrebbe dovuto spiegarci l'analisi logica ci parlava dell'Annunciazione - mai viceversa] e poi alla cresima [con l'aggravante di una catechista che era anche mia zia].
Non c'è bisogno di dire dei segni che tutto questo ha lasciato in me [e con "in me" non intendo certo "nel mio culo"], né che intorno ai quattordici anni ho sentito la necessità di leggere Voltaire e Nietzsche e di dire a un confessore: "Padre, il mio peccato è che non ho fede" - e non confessarmi mai più.
La mia separazione dalla Madre Chiesa è stata lenta, graduale e più tranquilla di quanto potessi mai sperare. Probabilmete mio zio prega perché la mia anima non bruci all'Inferno [non me l'ha mai assicurato] e mia madre ogni tanto borbotta "Certo, tu sei ateo!" come se dicesse "sei una testa di cazzo" [perché "testa di cazzo" è quello che vuole intendere veramente], ma ho avuto più problemi ad accettare di aver trascorso un bel pezzo della mia infanzia facendo cose che non hanno più senso per me ora, e facendole con passione e impegno [io ero quello che al catechismo scriveva le preghiere più belle, quelle che venivano lette a messa, nella pausa tra l'eucarestia e la benedizione finale]. 
Ho avuto anche qualche difficolatà a stabilire il grado di separazione. All'inizio pensavo che la fede fosse un dono che io non avevo ricevuto [che è il modo più cristiano di risolvere la faccenda]; poi di poter credere in Dio ma non nella religione come istituzione; poi di credere in Qualcosa, un'entità superiore che poteva essere di tutto, all'occorrenza. Dopo ho cercato di capire se dovessi definirmi ateo o agnostico, finché la risposta a questa domanda non è diventata "Chissenefrega" [risposta da agnostico?]. Alla fine, ho stabilito che il motivo per cui non posso essere religioso - il motivo base, quello da cui dipendono tutti gli altri miei dubbi - è che non posso evitare di pensare che Dio [qualunque dio] e la religione [una qualsiasi] siano un prodotto dell'uomo, e che non si possa pensar questo e contemporaneamente avere la certezza di essere parte del Creato. Si potrebbe obiettare che sì, è ovvio che la religione è un prodotto dell'uomo, ma ciò non toglie che alla base ci sia qualcosa di autentico e trascendente [il Dito che ha schiacciato il pulsante del Big Bang]. Che [a parte che al massimo si può parlare di "autentico spirito religioso", e che uno spirito religioso non può essere all'origine dello stesso Qualcosa che dovrebbe originarlo] è come dire che i romanzi di Liala sono paraletteratura ma ehi!, in principio era Omero.  

Ci credete che ho pensato quasi solo a queste cose mentre ero a Disneyland Paris?

lunedì 30 agosto 2010

In morte di Blockbuster

Dagli archivi | 2008


Historic ‘Blockbuster’ Store Offers Glimpse Of How Movies Were Rented In The Past

giovedì 19 agosto 2010

Come no

What I said was not a joke
But you just licked the envelope
I'm tired of dating, let's elope
But you just licked the envelope

[Arcade Fire, The Woodland National Anthem]

Se penso a tutto il tempo che abbiamo sprecato a pensare a quello che ci sarebbe capitato una volta diventati migliori, ecco, te lo devo dire: non so se lo sprecherei ancora così.

sabato 14 agosto 2010

[Il racconto del mese #9]

Le condizioni di Cossiga sono stazionarie come quelle di questa rubrica.
Ma chi c'ammazza?
E' vero, meno di venti giorni fa credevamo di essere arrivati al capolinea. Eppure eccoci qua, alla vigilia di Ferragosto, con un racconto tutto nuovo che parla di gente che sta al mare proprio come te!
Abbiamo imparato una lezione importante: le minacce di morte funzionano.
Il racconto si chiama Neo-bussola e l'ha scritto Filippo Balestra, nato a Genova il 27 dicembre 1982 ma non ancora laureato. Ce l'ha mandato insieme a un'illustrazione di Robbe Ferreccio, il che significa che non abbiamo nemmeno dovuto rubare un'immagine per la copertina come facciamo sempre.
Lo leggete qui o qui sotto.




Mandaci un racconto a lacollanadellaregina@gmail.com
Ti garantiamo l'affidabilità e la sicurezza dei senatori a vita.

sabato 31 luglio 2010

[Il racconto del mese #8]

Questo blog è agonizzante e con ogni probabilità presto dovremo abbatterlo.
Lo dico perché, ancora per qualche ora, è luglio, e luglio e un/a moribondo/a sono l'argomento del racconto di questo mese. Si intitola Visita estiva e l'ha scritto Giulio Tucci, che è più alto e più grosso di me, e sa che faccia ho, e non aggiungerò altro.
Lo potete leggere qui sotto o qui.



Mandate quello che vi pare a lacollanadellaregina@gmail.com. Tanto non lo farete, giusto?

sabato 17 luglio 2010

Jukebooks

Veniamo, come si suol dire, dopo i fuochi d'artificio. Si suol dire? Mia nonna lo dice, ma non ha ancora imparato il nome della pasticca per la pressione che prende da trent'anni, quindi non so quanto ci si possa fidare di lei.
Comunque, con colpevole ritardo celebriamo la nascita di Jukebooks, una collana di racconti curata da Alessandro Milanese e Alessandro Romeo per Quintadicopertina. O, per dirla con Rolling Stone, "la collana più r&r di Quintadicopertina".
I racconti sono, per ora, quattordici. Dieci già apparsi su rivista. Uno, come gb aveva pomposamente annunciato, già apparso qui come racconto del mese. Un altro, come gb mi ha pregato di non dire, di gb stesso.
Sono in formato epub e sono gratis. Si sceglie quali scaricare con l'aiuto di: una breve descrizione della storia; la bio dell'autore; le persone, le cose e le città che assomigliano al racconto [tra i più citati, a parimerito: Carver, Sedaris e Dürrenmatt]; il tempo che ci vuole a leggerlo. Non vi resta che accendere i vostri ebook reader.
Come? Non ce l'avete? Non avete un ebook reader? Pronto? Siamo nel 2010.

venerdì 16 luglio 2010

Dov'è il tuo bambino adesso?

Un estratto da un post esageratamente lungo apparso già qui.



In Up, l’individuo che lotta per trovare il suo posto nella Comunità è definitivamente [e sorpendentemente, dato che -- forse occorre ricordarlo -- parliamo di film "per bambini"] sostituito da un individuo che lotta contro una pulsione di Morte. Cosa pensava di fare Carl, una volta arrivato sul cucuzzolo delle Cascate Paradiso, se non lasciarsi morire circondato dai ricordi di un passato felice trascorso con una donna che non c’è più? Dopo WALL-E, ma soprattutto dopo Nemo [padre e figlio], è un rapporto a due la chiave per la salvezza. All’opposto, la vecchia gloria Muntz soccombe [o intuiamo che così avvenga] inseguendo i fantasmi del suo passato. 
Ma se il primo Toy Story aveva così chiaramente tracciato le linee guida di molta della successiva produzione Disney-Pixar, è l’ultimo Toy Story che, quasi didascalicamente, illustra e mette in gioco tutti gli ingredienti di questo “nuovo corso” di lungometraggi.

mercoledì 7 luglio 2010

Foyer du cinéma #3

Fabrizio Frizzi è stato a casa mia, una volta. Non riesco a ricordare di preciso quando, ma ho un termine ante quem: il 22 marzo del 1996.  Fabrizio Frizzi si è chinato su me e mia sorella [rispettivamente otto e sei anni, se si trattasse del '96] ci ha sorriso e ha detto qualcosa come: "Sto doppiando questo nuovo film Disney. Lo andrete a vedere?". 
Fabrizio Frizzi sembrava altissimo. Il film era Toy Story.
Toy Story è stato il primo lungometraggio completamente generato al computer, oltre che il primo della Pixar. Non posso ricordarmi se allora si parlava di derive tecnologiche, di disumanizzazione, di rischi per una gioventù cui veniva sottratta la carezza delle matite. Il Corriere della Sera mi fa pensare di sì. 
Non riesco a ricordare nemmeno se mia sorella e io abbiamo visto il film al cinema o abbiamo aspettato che uscisse in videocassetta. Di sicuro ricordo di averlo visto, ma senza particolari entusiasmi. Era un film Disney, in un periodo in cui film Disney significava soprattutto "film animato con le canzoni e una pricipessa che esce verso Natale e al Sistina fanno uno spettacolo coi pupazzi di Topolino e Pippo e tutti gli altri e poi proiettano il film e noi ci andiamo, pensa".
Facevano sul serio queste cose al Teatro Sistina di Roma, e i miei genitori sul serio ci caricavano in macchina e guidavano fino in città per farcele vedere. Ricordo di aver visto così Pocahontas, Il gobbo di Notre Dame e Hercules. Ricordo di aver litigato con un mio compagno di classe che osava sostenere di esserci stato anche lui, al Sistina. Non gli ho mai chiesto, dopo, se era vero. Il suo errore era stato nel dire di essersi addormentato durante lo spettacolo.

Oggi sono andato al Barberini e ho speso dodici euro [dico sul serio, dodici euro] per vedere Toy Story 3. Ci sono andato con la metropolitana. Sopra c'era un tizio che continuava a ripetere che Roma è piena di merda e fregne e prima c'erano un sacco di froci poi le Brigate Rosse hanno portato le fregne e la merda e invece le SS quelli sì che erano soldati altro che Alemanno. Le SS, ci vorebbero a Roma.

Fabrizio Frizzi è ancora la voce di Woody, il protagonista di Toy Story, e immagino sia ancora alto. Mia sorella ha vent'anni e non sa se andare avanti con l'università o cercarsi un lavoro. Io di anni ne ho ventidue e da solo, con un paio di scarpe nuove che mi fanno male ai piedi, vicino a uno sbandato che invoca il ritorno dei nazisti, vado a vedere un film che parla di giocattoli.
E sono contento.
Io un pupazzo di Woody l'avevo comprato.

martedì 29 giugno 2010

[Il racconto del mese #7]

Questa rubrica ha seriamente rischiato di morire. Si è lanciata col paracadute, sembrava non volesse aprirsi. All'ultimo, invece, il paracadute si è aperto. Eravamo così sicuri di spiaccicarci a terra, però, che non avevamo nulla di pronto per questo mese. 
A pararci il culo è venuta una guest star, niente meno che Dave Eggers. Ci ha mandato una nuova versione di un suo racconto già pubblicato nella raccolta La fame che abbiamo. Il titolo è Ci sono cose che lui dovrebbe tenere per se stesso e lo potete leggere qui sotto o qui.




Fai anche tu come Dave Eggers. Mandaci il tuo racconto a lacollanadellaregina@gmail.com. 
Siamo simpatici.

giovedì 24 giugno 2010

America's Next Top Novel*

Proprio ieri dicevo che la Nazionale non era spacciata e anzi, prevedevo una ripresa. Questo significa a) che porto più sfiga di gb; b) che ora che i Mondiali per l'Italia sono finiti possiamo tornare a parlare di cose che non interessano a nessuno, per esempio:
Ne avevamo accennato un mese fa e ora, con un sacco di tempo di ritardo, ci torniamo.
E' uscita la lista dei 20 under 40 del New Yorker. 

mercoledì 9 giugno 2010

PO! POPPOPPOPPOPO! I'm a loser, baby / So, why don't you kill me

Il calcio mi annoia mortalmente e aspetto i Mondiali con lo stesso entusiasmo di una fiction di venti puntate su Camillo Ruini.
Questa frase mi ha fatto passare da insopportabile snob a mega-stronzo in ventidue parole, me ne rendo conto. Ma non ci posso fare nulla. E credetemi se vi dico che ci ho provato. Ho provato a farmi coinvolgere, ho provato addirittura a puntare sul nazionalismo, ma non è servito a niente. 


La parte in cui accampo scuse
Potrei dire che il mio problema è radicato nell'infanzia. Quando andavo a giocare sotto casa mi facevano sempre fare il portiere perché ero grasso e perché ogni volta che chiedevo di non stare in porta facevo delle tremende figure di merda [al livello dell'autogol]. Del resto, anche come portiere ero penoso perché non ero abbastanza grasso e non mi buttavo [buttatevici voi sopra l'asfalto rovente delle tre del pomeriggio].
A questo aggiungo: 1) una profonda avversione per la retorica calcistica [da quella da due soldi dei commentatori di RaiSport a quella intellettualoide di chi usa il calcio come metafora di qualunque cosa]; 2) nessuna simpatia per la Nazionale italiana, i cui successi, per quanto ne so io [NB: non ne so niente], sono inversamente proporzionali alla bravura in campo; 3) un concetto di noia del tutto personale [ché se vedere una partita di calcio di novanta minuti mi annoia, posso stare per due ore e mezza seduto sul bordo di una poltrona del cinema a vedere un film tedesco in bianco e nero ambientato nel primo dopoguerra come fosse tutto un unico cliffhanger]. 
Ma mi accontento pure di mega-stronzo.

venerdì 4 giugno 2010

Foyer du cinéma | outtake

Alfred Hitchcock: [...] Si parla spesso di cineasti che a Hollywood deformano l'opera originale. E' mia intenzione non farlo mai. Leggo una storia solo una volta. Se mi piace l'idea di base la faccio mia, dimentico completamente il libro e faccio del cinema. [...] Quello che non riesco a capire è che uno si impadronisca completamente di un'opera, un buon romanzo che l'autore ha impiegato tre o quattro anni per scrivere e che è tutta la sua vita. Prendono il libro, lo manipolano per bene, si circondano di artigiani e tecnici quotati e si ritrovano candidati all'Oscar, mentre l'autore si dissolve nello sfondo. Nessuno pensa più a lui.
François Truffaut: Questo spiega perché non girerà mai "Delitto e castigo".
AH: Ma anche se decidessi di girarlo non sarebbe comunque un buon film.
FT: Perché?
AH: Se prende un romanzo di Dostoevskij, non solo "Delitto e castigo", ma un altro qualsiasi, ci trova molte parole e tutte hanno una funzione precisa.
[François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock]

Ieri pioveva e sono andato al cinema a vedere The Road, l'adattamento cinematografico di John Hillcoat dell'omonimo romanzo di Cormac McCarthy.
Faceva schifo.
Fa così schifo che lo sto dicendo qui, contravvenendo alla regola di questa rubrica - che sarebbe "si parla di cinema e non di film".

Banfi, Bondi, Bart



Col Governo del "Non sono stato io" c'è da rimanere sempre sorpresi quando qualcuno si prende la briga di assumersi la responsabilità di qualcosa.
Per dire, due giorni fa era il due giugno, c'era la parata, a Roma. La parata militare, quella che manda in visibilio i vecchi, i nostalgici e qualche bambino di età compresa tra i cinque e sette anni: quella lì. Insomma, c'erano i carri armati che sfilavano, i cavalli che trottavano, quelli della Protezione Civile che salutavano e all'improvviso uno ha detto: "Fermi tutti! Fermi! Fermate il carroccio! Posate le alabarde! Maroni dove sta? Non l'ha chiamato nessuno? Possibile? Non gli avete lasciato nemmeno un post-it sulla scrivania? Gli facciamo uno squillo adesso?"
Ecco, il Ministro dell'Interno Roberto Maroni s'è perso la parata del due giugno. Qualcuno gli ha chiesto: "Com'è?" e lui gli ha detto: "Sei stupido? Sono tipo dieci anni che non ci vado! Per favore, lasciami in pace che inizia una replica di Nebbie e Delitti".

sabato 29 maggio 2010

Rasentare la satira

[...] Dato che l'intervistatore generalmente è uno specialista dell'intervista più che dell'autore in questione, la macchina funziona spesso secondo alcuni riflessi, cioè dei cliché intercambiabili, stock di domande tipo rispetto alle quali si è rapidamente costituito uno stock simmetrico di risposte tipo che riducono drasticamente l'imprevisto. In materia di finzione, la questione regina è: "Questo libro è autobiografico?", e la risposta regina: "Sì e no" (Barthes per Fragments d'un discours amoureux: "Sono io e non sono io"; Mauriac per Yves Frontenac: "Allo stesso tempo io e non io"; Sollers per Portrait d'un jouer: "Sì e no: è Philippe Sollers se fosse un personaggio di un romanzo"; più contorto, Truman Capote - e qui abbrevio: "I miei libri più autobiorafici non sono quelli che si pensa, ecc."). Altra domanda-cliché: "Ci sono delle chiavi?"; risposta-cliché: "Nessuna chiave: ci sono certamente dei modelli ma li ho confusi". "Ha subito l'influenza di X?" - "Assolutamente no, non l'ho mai letto"; o più perversamente, secondo la tecnica del controfuoco: "No, non di X, ma di Y, al quale nessuno ha mai pensato". "Il suo libro opera o illustra un ritorno a... (a Balzac, al racconto, alla psicologia, alla tradizione francese classica, a Kant, a Descartes, a Plotino...)?" - "Sì e no, la Storia avanza a spirale". "Scrivere questo libro l'ha cambiata?" - "Sì e no, si cambia mai veramente?" (Simone de Beauvoir, per Le Deuxième Sexe, risponde semplicemente no, risposta ingannevole). Alla domanda: "Ha impiegato molto tempo a scriverlo?", due buone risposte: "Sì, cancello in continuazione", e "L'ho scritto molto rapidamente dopo averlo a lungo portato con me". "Qual è il suo personaggio preferito?" - "Tal dei tali, perché è quello che mi assomiglia meno". Ma la domanda più produttiva, nelle interviste ai romanzieri, perché è quella che non si presta a risposte del tipo , no, o sì e no, consiste nell'esigere dall'autore che spieghi (come se non l'avesse, il più delle volte, già fatto troppo) il comportamento dei suoi personaggi. Molto rari quelli che, come Faulkner, hanno la fermezza di sottrarvisi.  La maggior parte, trasfigurati dall'urgenza, si lanciano in tentativi di motivazione saltando di palo in frasca e rifacendosi alla psicologia più triviale, con grande gioia del pubblico convinto di stare per penetrare negli arcani della creazione. E' il gran momento, il culmine della serata [...].


-- Gérard Genette, Soglie. I dintorni del testo

venerdì 28 maggio 2010

Idiotismo continuo

Un sonetto di Teo Baracca

55. La storia de Tranquillo
La storia de Tranquillo è llunga storia
narata in antri tempi có ddovizzia
aqquanno se crepava l’avarizzia
nér riccontà ‘na trama meritoria

N’ c’è prescia[1] pe la via affabbulatoria,
parole su pparole in amicizzia,
‘r dettajo, l’antefatto, ‘na malizzia
Allunga la minestra, l’oratoria

Ar giorno d’oggi ‘nvece annamo ar fatto
strignemo sur riassunto condenzato
La storia de Tranquillo è ccorta affatto

Ar dunque, senza fronzoli né ttatto:
Je dissero “tranquillo!” e ss’è ffidato
Tranquillo, fu ccosì, morì inculato

Roma, er 31 de marzo der 2k8

[1] Non c’è fretta

lunedì 24 maggio 2010

Cotto e mangiato

Compro più libri di quelli che posso leggere. Nel senso che non aspetto mai di arrivare alla fine di un libro per prenderne un altro, col risultato che accumulo volumi che forse dopo, appena ho finito questo, oppure no, dopo quest'altro che ho sul comodino, ma prima veniva quello che mi è arrivato ieri, no, no, aspetta, leggo questo e poi, forse, se me lo ricordo, gli altri li leggerò.
Perché lo faccio? Non lo so. Probabilmente non sono l'unico. Credo che molto dipenda dalla scarsa confidenza che ho io e hanno gli italiani in generale con le biblioteche [che per parte loro sono diffuse poco e male sul territorio, o sono poco fornite, ho vi prestano un libro solo se gli fornite un paio di faldoni di documenti sul conto vostro e della vostra famiglia, insieme a uno scritto in cui dovete parlare di voi e del perché vi piace leggere] - e non ci vanno di mezzo solo le biblioteche: i libri preferisco non farmeli prestare da nessuno e non li presto volentieri a nessuno. Ogni volta mi dico: "E se poi mi viene in mente una cosa, una frase, un titolo, e non posso andare a controllare sulla pagina?". Ecco, questo mi sarà successo tre o quattro volte in ventidue anni di vita, ma è quanto basta. E non posso giustificarmi con qualche scompenso o robe del genere, robe del tipo "Quando sono depresso compro un libro" [pronunciato come fossi un personaggio di Sex and the City]. Io quando sono depresso, triste, o mi sento solo, abbandonato da tutti, o un fallimento totale - in tutti questi casi, mangio. Solo una volta ho comprato una cosa: caffè.

Tutto questo per dire che ho un sacco di libri che non ho tempo di leggere. 
Questa rubrica poteva chiamarsi anche così, I libri che non ho tempo di leggere, invece si chiama Cotto e mangiato, con una simpatica e ironica allusione al best-seller di Benedetta Parodi, perché è una rubrica simpatica e ironica. Adesso cominciamo - il gelato si sta sciogliendo.

giovedì 20 maggio 2010

And that's what you missed

Un breve riassunto di quello che ci è capitato durante questi mesi settimane giorni di parziale inattività del blog.


Mentre gb spendeva sei euro e ottanta per inviare sette pezzi di carta via fax, ludmilla ha deciso di prendersi un e-book reader. E' andata nel negiozio di elettronica più vicino a casa sua, ha chiesto al commesso e lui ha risposto: "Cos'è un e-book reader?". Si è detta che ne comprerà uno più o in là, magari su ibs.it. Si è immaginata il pacco con dentro l'attrezzo e un coupon per cinque eruo di sconto se ne spendi almeno cinquanta - in e-book.
Nel frattempo, lia ha pensato che fosse una buona idea rimettersi a parlare con una sua vecchia fiamma. 
Non lo era.
mt ha trovato un cinema chiuso un paio di volte e questo l'ha depresso più del solito. Poi è iniziato a piovere ed è rimasto sempre a casa, a vedere film di Alfred Hitchcock e a sviluppare una dipendeza dal Gran Soleil al cioccolato. In quegli stessi giorni gb ha finito di leggere il Corsaro Nero, che languiva sul suo comodino da un mese.
ludmilla ha visto in tv gli spot per la giornata del libro con Saviano e Benedetta Parodi e ha pensato che questo fatto da solo basterebbe a mettere la parola fine a tutte le discussioni, mentre lia prendeva in simpatia i cinesi, che, a suo dire, stanno distruggendo la nostra economia offrendoci la possibilità di fare quello che in anni di democrazia e liberismo siamo stati educati a fare: acquistare un sacco di roba a due soldi.
Nel frattempo, mt usciva dal letargo. Una donna bioda, elegante, che non aveva mai visto prima, ha bussato alla sua porta e l'ha messo a parte di un terribile segreto prima di morire con un coltello conficcato nella schiena. Lui voleva che venisse fuori la verità, ma è stato accusato dell'omicidio della donna e si è visto costretto a fuggire. Per qualche strano caso del destino, gb l'ha incontrato al British Museum.
ludmilla ha visto quell'episodio dei Simpson [forse vede troppa televisione] in cui il signor Burns compra tutti i mezzi d'informazione di Springfield tranne il giornalino di Lisa, che prima di desistere dà seguito a tutta una serie di altri giornalini indipendenti. Homer commenta che in quel modo invece di un gigantesco gruppo che controlla il 90% dei media ci stanno centinaia di svitati che stampano le loro inutili opinioni [più o meno. La citazione corretta è: "See Lisa, instead of one big-shot controlling all the media, now there's a thousand freaks xeroxing their worthless opinions"]. Ha pensato alle piccole e medie case editrici italiane, ma, davvero, non voleva. E' stato più forte di lei.

lunedì 17 maggio 2010

[Il racconto del mese #6]

Vi è mai successo di rimanere da soli in macchina con vostro nonno [o vostro padre, se è vecchio abbastanza] e, dopo un paio di minuti di silenzio, vederlo iniziare a parlare senza nessuna logica di qualcosa di strano [solo per voi] e metterci almeno venti minuti prima di arrivare alla fine, senza avere la minima idea del perché ve la stesse raccontanndo, 'sta storia?
Se vi è successo [a me no - mio nonno vive in un castello medievale mai restaurato, collezionando francobolli e dipingendo nature morte composte di frutta, strumenti musicali e animali impagliati], sapete che l'unico aggettivo per descrivere la storia è random. E per descrivere la vostra reazione potete usare sia imbarazzato che intenerito, o tutti e due insieme.
Ecco, il racconto di questo mese si chiama Quello che non è successo ed è così: vostro nonno [o vostro padre] che parla [esprimendosi come solo lui e i tronisti di Uomini e Donne quando ci stanno le vecchie sanno fare], e voi che non vedete l'ora che finisca e/o lo guardate rapiti, e quando finisce gli date una pacca sulla spalla.
L'ha scritto Valentina Marchetti - che, per quanto ne so, non ha nipoti né figli - e lo potete leggere cliccando qui sotto o qui.




Potete mandare il vostro racconto a lacollanadellaregina@gmail.com o via fax. No, sul serio, esistono ancora i fax?

mercoledì 5 maggio 2010

Foyer du cinéma #2

Cinema Eden
Piazza Cola Di Rienzo, 74-76-78
00100 - Roma

20/04/10 17:20
Perdona e dimentica

Il sito del cinema dice che è chiuso. Io decido di provare lo stesso. 
Il cinema, in effetti, è chiuso.

domenica 2 maggio 2010

Un coupon per uno stupro gratis

Un losco figuro nei pressi dell'università ti si avvicina e ti dà - borbottando: "Non è il solito foglietto" - questo:

Scopri che gli studi di genere e il lavoro delle femministe sono finalmente serviti a qualcosa: la scusa per adescare  giovani studentesse represse.

[Il numero di telefono è oscurato perché non ero certa che nessuno avrebbe chiamato. Il cognome del tizio è oscurato per gioco - io dico che è Vittorio Messori, voi?]

martedì 27 aprile 2010

Delitto per delitto


A Walter Scott - Sir Walter Scott - non piaceva dire che era uno scrittore. Oppure era un grande fan dell'anonimato.
Per dire, non solo si inventava come autore fittizio di Ivanhoe tale Lawrence Templeton, ma faceva scrivere a lui una lettera di dedica al reverendo dottore Dryasdust, antiquario residente a Castlegate, York - un altro tizio immaginario. Qualche romanzo dopo, The Fortunes of Nigel si apriva con una lettera-introduzione ancora a Dryasdust, scritta dal capitano Cuthbert Clutterbuck, che del romanzo in questione non si nominava autore ma "padrino", nel senso che in una libreria aveva incontrato "l'autore di Waverly" [cioè Scott, al massimo del suo protagonismo] che lo investiva di tale onore. I ruoli si invertivano in Peveril of the Peak, dove Dryasdust scriveva una "lettera in forma di prefazione" a Clutterbuck in cui si parlava di un altro incontro con "l'autore di Waverly" [definito dall'antiquario "nostro padre comune"]. 
In Quentin Durward, poi, andava in scena il delirio. Il romanzo, anonimo, era preceduto da una prefazione, sempre anonima, nella quale il prefatore raccontava di essere stato in Francia, da un suo amico - un marchese - che aveva insinuato che The Bride of Lammermoor [romanzo pubblicato con il nome di Jedediah Cleishbotham] fosse stato scritto da Walter Scott. L'anonimo autore della prefazione rispondeva piccato che non poteva essere affatto così, primo, perché Scott era uomo troppo distinto per essere il responsabile delle "leggere opere che il pubblico ha voluto attribuirgli", secondo, perché in realtà era lui, l'anonimo prefatore, che aveva scritto quel libro e le altre opere leggere [ma questo, per fortuna, al marchese non lo diceva - voleva mantenere il segreto]. 

sabato 24 aprile 2010

[Il racconto del mese #5]

Stamattina mi sono alzato alle otto e mezza prestissimo, ho fatto colazione e sono andato al parco, per correre.
Ho corso per circa quindici minuti, poi sono tornato a casa e mi sono fatto una doccia perché ero molto, molto sudato. Già che c'ero, mi sono rasato [se vi state chiedendo come sto senza barba - perché non dovreste? - la risposta è che, a seconda della lunghezza dei capelli, sembro un dodicenne o una lesbica].
Poi avrei dovuto rifare il letto, invece mi sono sdraiato e ho chiuso gli occhi, così, per riposarmi un attimo. 
Un'ora e mezza dopo mi sono svegliato. Era ora di pranzo, così ho messo a bollire l'acqua per la pasta. Mentre apettavo che le pipette rigatte cuocessero, ho accesso il computer per controllare la posta e, indovinate un po'? A lacollanadellaregina@gmail.com non era arrivata nessuna mail! Proprio così. Nessuna, zero, nisba.
Con l'eccezione di uno, non ci è arrivato nessun racconto. Mai. Il che non è proprio quello che pensavamo sarebbe successo chiedendo mese dopo mese di mandarne.
Per cui, cari scrittori in erba o aspiranti tali, che custodite gelosamente le vostre opere in una sottocartella nascosta nei Documenti del vostro pc, ascoltate qua:
Facciamo i complimenti a Angelo Macrì, perché il suo racconto, Neve, che è stato il nostro Racconto del mese numero 4, è stato scelto per essere pubbliato da una nascente casa editrice di e-book [che detta così magari non suona bene, ma è una cosa bella e ne riparleremo a tempo debito].
Capito?

Ma ora veniamo al racconto di questo mese. 
Ci è venuto in soccorso un nostro amico, Ernesto Baj, che ci ha mandato una storia che si chiama Questa storia è una storia vera. Si chiama così perché è ispirata a un fatto di cronaca - insisto perché potrebbe sembrare di no - avvenuto a Roma, qualche anno fa. Mi ricordo che quando ne lessi, all'epoca, pensai "Forte!"; Ernesto Baj, invece, ci ha tirato fuori questo.
Come sempre, il racconto lo potete leggere qui sotto o qui.

domenica 18 aprile 2010

Disagi e bivacchi

"Toccami, Ciccio, ché mamma non c'è!" vs "Mamma! Ciccio mi tocca!"
[la Repubblica, 18 aprile 2010]

Gomorra è uscito negli Oscar. Solo dieci euro. 
Magari è la volta che lo leggo.

mercoledì 14 aprile 2010

Le recensioni su aNobii: la recensione

Forse l'avrete sentito, ma il prossimo Nobel per la pace potrebbe andare a Internet. [Inserire battuta contenente i seguenti elementi: internet, dinamite, porno, nobel]. Nel caso non dovesse essere insignita di tale riconoscimento, l'Internet sappia che per almeno una cosa ["oltre al porno", facoltativo] le siamo tutti riconoscenti: il coming out degli idioti.
E' solo grazie a Internet se, per la prima volta nella storia dell'Umanità, siamo davvero in grado di renderci conto di quanti stupidi popolino il pianeta. Internet ci ha dimostrato che dando a chiunque la possibilità di esprimersi e di farsi ascoltare, nessuno preferisce tacere  e lasciare che gli altri pensino che è un idiota. Proprio nessuno.
I social network - sancta sanctorum della demenza - ce lo confermano a ogni status update.

lunedì 12 aprile 2010

God hates us all



D: Dunque, da cosa possiamo cominciare? OK, intanto diamo il benvenuto a Laura Del Fiore. Ciao Laura.

R: Ciao ragazzi.

D: Laura Del Fiore, per chi non lo sapesse - ma chi non lo sa? - è la protagonista della fiction di successo di Raiuno Tutti Pazzi Per Amore, giunta alla seconda stagione. Giusto?

R: Esatto.

D: Ma oggi siamo qui per parlare del suo libro, perché Laura è anche scrittrice. Il libro si chiama Innamorate pazze, è edito da Rizzoli per la collana 24/7 e da poco è uscito in libreria. Allora, Laura, intanto ti chiedo perché sei passata a Rizzoli, lasciando l'editore che, nella serie, ti ha portata al successo, Castoni.

R: Beh, ecco, è più semplice di quanto si pensi. Castoni mi ha scoperta e gli devo il mio successo come autrice, ma in effetti non aveva una giusta distribuzione. A livello nazionale, dico. Principalmente, poi, è che non esiste.

D: Stai dicendo che una casa editrice senza una adeguata distribuzione è come se non esistesse?

R: No, no. Cioè, volevo dire che Castoni, come casa editrice, proprio non esiste.

mercoledì 7 aprile 2010

Προς τόν απαίδευτον καί πολλά βιβλία ωνούμενον, o Adversus indoctum et libros multos ementem



Marcello Dell'Utri fa cultura.
Quando non fonda partiti, non concorre esternamente in associazione mafiosa [in primo grado], non froda il fisco [patteggiamento] e non tenta estorsioni [prescrizione], Marcello Dell'Utri fa cultura.
È il presidente della Fondazione Biblioteca di via Senato - che è anche casa editrice di libri "meritevoli di essere letti e riletti", come: Filippo Facci, Fumo negli occhi. Le crociate contro il tabacco e altri piaceri della vita, pp. 208, € 14 -, è il fondatore del Circolo dell'Utri di Milano - che, nonostante il nome, si dedica ad attività culturali e del tutto legali -, è il fondatore e l'editore del "settimanale di cultura" Il Domenicale - che nella sezione Approfondimenti del sito web pubblica interventi dai titoli eloquenti quali "A morte i critici e i giovani scrittori. Sono loro, insieme agli autori impomatati e agli editor furbi furbi, i colpevoli del degrado culturale. Nel mondo dei magazine e della televisione vince la mediocrazia. Anche nella letteratura" e "La fine del 25 Aprile. Sessant’anni di liturgia resistenziale e di mistica antifascista non sono bastati a fare di questa data il simbolo dell’identità italiana, che forse vale la pena di fondare altrove" e ancora "LA CENA DEI CRETINI. La rivoluzione francese ci ha lasciato solo il sistema metrico decimale. In compenso, nei salotti dei philosophes illuministi si gettarono le basi del razzismo. Con buona pace dei tanti progressisti, orfani del comunismo, che oggi amano definirsi nipotini dei Lumi" e poi (non poteva mancare) "Ciao Darwin - Il crepuscolo dell’evoluzionismo. Al mito dell’uomo-scimmia non crede più nessuno. Per primi gli scienziati. Perché allora insistere?".

martedì 6 aprile 2010

Venti minuti (probabilmente)

E' il giovedì della Semana Santa: vado a vedere los passos. Marion ci invita a casa sua alla Macarena, in Calle Viriato, una traversa di Calle Feria, dove passa la più grande e bella delle processioni: quella della Virgen de la Macarena. Io non avevo mica capito. Sono migliaia di persone i figuranti e vanno in giro vestiti come quelli del kukulxklan (che in realtà hanno preso proprio da qui spunto per il loro abbigliamento), avvolti in manti neri, lividi, viola con un cono affilato, del colore della cappa, sulla testa. Alcuni vanno in giro a piedi nudi. Portano ordinatamente croci o ceri o niente. Si chiamano nazareni. Sono migliaia per ogni processione e vanno piano. A passo di processione, appunto. E sono tante le processioni, tante quante le chiese della città. Tante. E quando passa una processione la strada è chiusa e non puoi passare tu e c'è tanta gente a guardare e dura ore e se per caso capiti tra due vie, tra due processioni, rimani bloccato, anche molto a lungo.
[Federico Di Vita, Cronache da Siviglia]

lunedì 29 marzo 2010

Fitzgerald si rivolta nella tomba

C'erano così tante cose che un tempo avevo desiderato! Il problema è che quando uno è giovane non ne sa mai abbastanza: ti dicono bugie in continuazione, in cento modi diversi, e così ti incasinano le idee su come è fatto il mondo; quando immagini la vita che vorresti, immagini cose che non esistono. Se fossi potuto tornare indietro a spiegare al me stesso di tanti anni prima quali erano le alternative vere, quali sarebbero state le vere conseguenze di certe decisioni, quel ragazzo avrebbe saputo cosa scegliere. Ma all'epoca non lo sapevo; e adesso, che lo sapevo, la mia mente era troppo zeppa di inutili informazioni di contorno, e  legata a interessi particolaristici, e io ero confuso.

lunedì 22 marzo 2010

Re: Re: Regina

Cara Regina,
sono rimasto particolarmente colpito dalle vicende che hanno scosso le Chiese di Irlanda e Germania. Mi riferisco ovviamente ai casi di pedofilia di cui tanto si parla in questi giorni. Ne sono rimasto colpito non solo perché ho ricevuto una solida educazione cattolica, ma perché uno dei membri della mia famiglia è un sacerdote.
Il fratello di mia nonna è il parroco del piccolo paese in cui sono cresciuto. Essendo mia nonna rimasta vedova molto presto, vive da quasi quarant'anni con il fratello, nella canonica. Questo per me ha significato (e significa) che ogni Pranzo della Domenica dalla Nonna si trasformasse (e si trasforma) nel Pranzo a Casa del Prete. Ora, Regina, non le sto a dire quali ripercussioni questo abbia avuto sulla mia crescita. Quello che mi ha fatto più riflettere in questi giorni è altro.
Ho realizzato che, nonostante il numero di preti coi quali, in tutti questi anni, ho diviso il pranzo sia incredibile, nessuno ha mai abusato di me.

lunedì 15 marzo 2010

Intervista esclusiva a Davide Maestro

Non posso negare di essere in ansia per l'incontro con Davide Maestro. Sono la prima ad intervistarlo faccia a faccia, da quando ha deciso di rinunciare ai messaggi in codice nascosti tra le pagine dei quotidiani cui affidava le risposte alle domande che dovevano essergli recapitate tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.
La sua agente mi ha spiegato che la rinuncia è avvenuta dopo la discussione con Paolo Di Stefano e il Corriere della Sera. Sembra infatti che Di Stefano avesse interpretato come messaggio di Maestro le prime lettere di ogni riga di un articolo sull'Isola dei Famosi, mentre la risposta dello scrittore era da leggersi collegando le prime lettere di ogni riga di un articolo sull'alopecia. "La cosa assurda", mi ha detto l'agente, "è che quello che veniva fuori in entrambi i casi era identico."

martedì 9 marzo 2010

[Il racconto del mese #4]

Se aprile è il più crudele dei mesi, il primo dei crudelissimi, marzo è il secondo o il primo dei più buoni?
Probabilmente non lo sapremo mai [anche perché la domanda non ha alcun senso].
Quello che sappiamo è che la primavera è alle porte e che da dove sto scrivendo nevica. Nevica e sarò bloccato qui probabilmente per tutto il giorno, anche se dovrei tornare a Roma per le quattro. Ma lo sappiamo tutti che con i treni regionali è impossibile andare da qualsiasi parte come cade un fiocco di neve. L'ultima volta che ho preso il treno con la neve l'ho dovuto cambiare tre volte e sono arrivato con due ore e quaranta di ritardo.
Quindi, dicevo, la primavera è alle porte e vogliamo celebrare gli ultimi scampoli d'inverno con un racconto che si intitola Neve.
Angelo Macrì, l'autore, è uno serio. Scrive sul suo blog, e quando non lo fa [succede spesso] scrive sceneggiature per fumetti. Ha collaborato con un sacco di bella gente [tra cui ricordiamo l'idolo dell'internet Makkox], ha vinto dei premi. E' arrivato quinto a un concorso internazionale che si tiene a Bruxelles. Dico, Bruxelles. Dove di sicuro se nevica si possono prendere i treni senza problemi.
La storia, come sempre, la potete leggere qui sotto o qui.




Puoi mandare il tuo racconto a lacollanadellaregina@gmail.com. Giuro che lo leggiamo.

sabato 6 marzo 2010

Sull’editoria a pagamento

di Ernesto Baj*

Basta, davvero! Non riesco a capire chi consacra la propria vita alla “lotta all’editoria a pagamento”. Che cos’è l’editoria a pagamento? Semplice, esistono delle case editrici che fanno pagare i libri che stampano, a chi quei libri li scrive. Quindi non li vende a chi li leggerà, ma direttamente all’autore del testo. Con qualche migliaio di euro ti spediscono a casa qualche centinaio di copie. Questo è. Ebbene, in Rete esistono forum, siti, editori che della “lotta” a questo fenomeno fanno la propria bandiera, e a questa lotta, così parrebbe, consacrano la propria vita. Non all’inquinamento globale, o agli allevamenti intensivi di polli, dove un pollo diventa macellabile a ventiquattro giorni dalla propria nascita, o alla totale mancanza di una politica culturale nel nostro Paese. No, il più grande problema dell’umanità, per questa gente, è che qualcuno spenda i propri soldi per vanità. Ok, è un problema. Ma allora tanto vale prendersela con chi compra un SUV, spendendo tre volte i denari che spenderebbe per un’utilitaria, e inquinando il triplo. Oppure sarebbe meglio avere qualcosa da dire contro l’ultima geniale riforma della Scuola, che ha istituito il Liceo coreutico dove si impara a ballare e cantare, e che è, a tutti gli effetti, un Amici di Maria de Filippi per under diciotto. Sì, perfetto, insegnamo ai ragazzi italiani a ballare e cantare, diamo loro gli strumenti per il mondo dello spetaccolo, l’importante è che non paghino per pubblicare un loro libro. E pazienza se agli esami di maturità porteranno Salsa e Merengue. Fra l’altro il coreutico, indirizzo danza, prevede quattro ore di italiano a settimana, contro le otto di tecniche della danza, le quattro di laboratorio coreutico e le tre di coreografia. Due ore di Storia contro tre di storia della danza e della musica. Non dovrebbero esserci problemi, questi ragazzi non dovrebbero andare ad ingrossare le fila dell’editoria a pagamento. E allora, evviva il Liceo coreutico e abbasso l’editoria a pagamento!

*Ernesto Baj mi ha mandato questo pezzo chiedendomi di pubblicarlo e io ho obbedito perché ha amici potentissimi. No, scherzo. Potrebbe benissimo essere uno di noi. [gb]

venerdì 5 marzo 2010

Col lanternino

Siamo una nazione di fini autori di gesti. Uomini e donne che trascendono con piccole azioni, un popolo condannato a creare poesia. Io non sono diverso, e mi muovo goffamente all'interno di quella tradizione grandiosa. I nostri eroi saltano con i loro destrieri su precipizi montani, cadendo incontro a una morte gloriosa. Si iniettano del veleno e languiscono in nome del progresso medico. Inevitabilmente i nostri eroi muoiono, o muoiono le loro speranze, e questo è un malinconico motivo di vanto per il nostro popolo paziente. Come e quando, il metodo e il momento per una sconfitta finale e solitaria. E' l'arte in cui eccelliamo di più.

[Daniel Alarcón, "Una tecina per rimanere soli"]

Daniel Alarcón non è un idiota. Ha vinto dei premi, delle borse di studio. I suoi racconti sono stati pubblicati dal New Yorker, da Harper's e da McSweeney's. Nel 2007 [quando ha trent'anni] è tra i ventuno del Best of Young American Novelists di Granta.
Non è un idiota.
Se volete leggere, in traduzione, qualcosa di suo, trovate Guerra a lume di candela, una raccolta di racconti, l'esordio. L'editore è Terre di mezzo.
Se l'avete letto, vi è piaciuto, e vi vorreste dedicare al suo secondo libro, il romanzo Lost City Radio, be', sono cazzi vostri. Ché se i racconti almeno un piccolo editore s'è degnato di pubblicarli, del romanzo sembra non esserci traccia, in Italia. Googlando a destra e a manca si scopre che lo doveva aver pubblicato Rizzoli addirittura nell'autunno del 2008, ma sul sito della casa editrice se cerci Alarcón non ti rispondo nemmeno. Il che può significare tre cose: o a Rizzoli non hanno mai sentito parlare di questo tizio [io voto per questa], o hanno comprato il libro ma poi hanno pensato che era meglio lasciarlo nel cassetto, o l'hanno pubblicato, ma in un universo parallelo in cui Rizzoli è ancora una gloriosa casa editrice [un universo in cui Angelo Rizzoli non è morto e non ha avuto figli].
Del resto, è così che si costruisce un pubblico di lettori: pubblicando bei libri e dando collane che hanno fatto la storia in mano ad anziani senza collo.

lunedì 1 marzo 2010

Re: Regina

Cara Regina,
sono una studentessa universitaria ventitrenne della provincia di Milano che ha appena scoperto che probabilmente ha sbagliato tutto.
Ti spiego.
Ho sempre cercato - da quando non riesco più nemmeno a ricordarmelo - di essere diversa, di distinguermi. Il mio credo era riassumibile nel motto "non fare quello che fanno tutti", che presto diventò, più genericamente, "non fare quello che fanno gli altri".
Se le mie amiche dopo scuola non si perdevano una puntata di Dawson's Creek, a me infastidiva anche solo la sigla. Quando i pomeriggi di maggio loro infilavano le mani nei pantaloni dei fighetti della scuola, nascoste all'ombra del parco, io ero a casa a leggere All'ombra delle fanciulle in fiore. Da quando ho deciso che posso innamorarmi, non riesco a stabilire un rapporto che non sia costantemente in bilico, per non dover essere costretta ad ammettere che "ho un ragazzo" anch'io.

mercoledì 24 febbraio 2010

Cioranerie 2

[Insipienza universitaria/universale/universalistica].

Laurearsi, oggidì, è una corsa a ostacoli - dove gli ostacoli sono: gli esami, le lezioni, l'istituzione universitaria in generale.

I laureandi parlano come quelli che hanno da poco perso un loro caro. "Devo trovare un modo per andare avanti"; "Mi sembra tutto inutile"; "L'importante è pensare a quello che viene dopo".

"Ti puoi fidare" nei manifesti elettorali di Emma Bonino. Il peggior slogan che si poteva scegliere. Se mi posso fidare posso anche non farlo - forse, anzi, dovrei.
Senza contare che è la frase che nei film pronuncia l'antagonista cercando di convincere il protagonista a tendergli la mano per non sprofondare nel burrone.
[Mi è servito a questo l'ultimo esame].

Gleeörgy Lukács - La cosa davvero sorprendente, in Glee, è l'uso degli stereotipi. I personaggi sono costruiti senza il minimo sforzo in direzione della tipicità. Sono mere funzioni narrative, tanto che a qualcuno non si sono nemmeno preoccupati di dare un nome. Flat characters anche quando sono al centro dell'intreccio.
[A questo mi son serviti tanti altri esami].

La cosa peggiore che potrebbe capitarmi adesso è qualcuno che si vanti di me.

You can write books about anything

[Trovato qui]

venerdì 19 febbraio 2010

Read the news, today (Oh boy)


Se lo scorso otto dicembre eravate per le strade di San Francisco a inseguire qualcuno, a fare gli hippies o a fare gli omosessuali, potevate comprare una copia del San Francisco Panorama per cinque dollari. Io, l'otto dicembre, ero a Via della Conciliazione, a Roma, a comprare un presepe per mia madre, così ho dovuto aspettare che andasse in ristampa [la prima tiratura è finita in un attimo], che venisse messo in vendita on-line [a gennaio] a sedici dollari e fosse possibile comprarlo da ibs.it [per tredici euro e mezzo]. Mi è arrivato ieri.

martedì 16 febbraio 2010

Mi fai una domanda su Avatar?

Un'intervista a Enrico Piscitelli, enpi, e-. Quello di MilanoRomaTrani, quello che ha pubblicato racconti un po' ovunque sul web e sui fogli di carta, quello che ha curato un'antologia memorabile, quello che cura la collana di "narrativa densa" novevolt insieme a Alessandro Raveggi.
Enrico Piscitelli.
Se volete vedere due maschi bianchi italiani tra i ventuno e i cinquatacinque anni che parlano di e-book, responsabilità, i Puffi, il Mondo, Guy Debord, Linus, umiltà, necessità, assenza di epos e un sacco di altre cose e non si capisce mai bene quello che dicono, be', non so che dirvi.
Solo, cliccate Ulteriori informazioni.


sabato 13 febbraio 2010

And, in the end, the love you take is equal to the love you make

Qualche suggerimento per i biglietti di San Valentino.

 

lunedì 8 febbraio 2010

[Il racconto del mese #3]

Alessandro Milanese ha pubblicato un po' di racconti in giro per l'internet [li trovate googlando "alessandro milanese racconto" - fatelo, ché sono belli] e cura una rubrica di musica su inutile, quello che fa cultura.
A noi ha mandato il racconto qui sotto, che si intitola Onebyone, tutto attaccato.
Seguono alcuni "commenti da copertina" di gente che l'ha già letto:

"Ci sono affezionato, soprattutto alla storia." [Alessandro Milanese]

"Bellissimo." [mt]

"E' come un pezzo dei Radiohead al rallentatore." [lia]

"Un racconto che ti fa venire voglia di adottarlo." [ludmilla]

"This is fucking good, man." [J.D. Salinger, sul letto di morte]

Il racconto lo potete leggere anche qui.



Fai anche tu come Alessandro Milanese! Manda il tuo racconto a lacollanadellaregina@gmail.com! Puoi anche pagarci, se ti fa sentire a tuo agio!

giovedì 4 febbraio 2010

Guida per proteggere i tuoi santi

Ieri sera mi ha chiamato mia sorella [undici anni a marzo] e mi ha detto: "Hai visto Morgan?".
Mia sorella conosce Morgan perché guarda X-Factor. Per lei è uno della tv come quelli che leggono il telegiornale e Milly Carlucci. Forse l'ha visto una o due volte cantare, ma questo certo non basta a fare di lui un musicista, ai suoi occhi.
Stiamo seriamente parlando di Morgan?
Sì.
Primo, perché, da mia sorella decenne al Ministro della Difesa della Repubblica Italiana, tutti se ne sono occupati.
Secondo, perché l'affaire Morgan ci permette di fare luce su un momento molto delicato nella vita di ognuno, ovvero quando dobbiamo o ci sentiamo in dovere di difendere i nostri idoli.
Può succedere che si stimi qualcuno fino al parrossismo. L'oggetto di questa stima parossistica [adoro questo aggettivo] viene comunemente definito mito, o idolo. Dunque, può succedere anche che questo mito o idolo si cacci in qualche guaio. E non c'è bisogno che il mito/idolo sia in vita per farlo. Avete presente Pio XII? Bene.
Il caso di Morgan, a questo punto, ci è utile per la sua tipicità: il musicista rock/alternativo che dichiara di fare uso di sostanze stupefacenti. Un classico.
Ora, la sua posizione risulta leggermente aggravata dal fatto che negli ultimi anni Morgan è diventato un "personaggio televisivo", come si accennava all'inizio. Ma quello su cui ci concentreremo adesso è il modo in cui possiamo giustificarlo, o meglio, il modo in cui i suoi fan - le compiacenti bignardette (cit.) - possano farlo senza rendersi ridicoli.

Il modo sbagliato

Una delle strade più battute è stata quella della denuncia dell'ipocrisia. Morgan, nuovo Prometeo infiltratosi nel mondo degli Dei del Potere Televisivo, ha donato a noi tutti il fuoco della Verità, dell'Onestà, e senza ipocrisia si è rivelato per quello che è: un drogato.
Senza dubbio, nel sistema di valori delle società occidentali post-industriali, la sincerità è un valore positivo, ma in tal caso genera un paio di conseguenze poco piacevoli: 1) dire che Morgan è l'unico così sincero da ammetere di fare uso di droga implica che tutti gli altri invece lo facciano senza avere il coraggio di ammetterlo: sono due calunnie al prezzo di una; 2) basta confessare un crimine a renderlo meno grave? Se rubate una macchina e poi lo andate a dire ai Carabinieri, lo sconto della pena è per il favore che gli fate, non perché avete toccato il cuore del maresciallo.
Un'altra delle scuse più gettonate - nonché la più ovvia - è stata: Morgan è un musicista, un artista. Dovremmo smettere di ascoltare i Beatles perché si facevano le canne?
Per scrupolo di coscienza devo dire che Morgan come cantautore non mi è mai piaciuto. Mai. Ma questo non è importante. E' invece importane come questa strategia difensiva resusciti la figura dell'Autore, che credevamo morto da almeno quarant'anni.
Se infatti non si può giudicare [giudicare, che brutta parola. Di sicuro qualcuno sarà saltato sulla sedia leggendo giudicare. Noi non giudichiamo. E' questo che ci insegnano la religione e i programmi della De Filippi: non giudicare] se non si giudica, dicevo, un artista per il suo comportamento come uomo, allora non possiamo distinguerlo dalla sua opera, e l'opera acquista valore in relazione all'artista e non indipendentemente da esso. In altre parole, se ascoltiamo Transformer non dobbiamo ignorare che Lou Reed non riusciva neppure a stare seduto da solo mentre lo registrava, e che da Lou Reed, dal lui e basta, deriva la bellezza di Perfect Day, Walk on the Wild Side e Satellite of Love [come dalla gobba deriva il pessimismo cosmico].
Se così fosse, non potremmo trovare divertenti le commedie di Oscar Wilde se questi non fosse stato la checca pazzerella che tutti conosciamo, e, se John Lennon avesse fatto il bravo, invece di Lucy in the Sky with Diamonds ascolteremmo Sandy Eats Raw Tartar.
Sul rapporto droga-artista [un'idea tanto radicata quanto quella per cui i giovani, vittime di omicidio, erano simpatici allegroni pieni di amici e con un ardente entusiasmo per la vita (cit.)], rimando al saggio The Poet di Ralph Waldo Emerson.
Sulla difesa basata su: Morgan è un musicista, parliamo della sua musica, piuttosto, rimando al mio saggio intitolato La civiltà della vergogna, la civiltà della colpa, la civiltà berlusconiana.

Il modo giusto

Abbiamo dato un'occhiata agli errori più comuni in cui si può incappare cercando di riabilitare l'oggetto della propria stima parossistica [sì]. Vediamo ora quale può essere un approccio più corretto.
  • Lo hanno obbligato a farlo: sembra una scusa banale ma non lo è. Soprattutto, può essere arricchita di particolari che vanno dal pietismo ("Davvero, non voleva, poverino, mi fa una pena! Pensa che è pure astemio.") al complottismo ("Guarda, non si sa bene chi l'ha costretto, ma di sicuro è gente molto in alto, gente coi soldi. Ma scusa, uno che fa il cantante secondo te come se la potrebbe permettere la cocaina?").
  • Già si starà disintossicando: semplice. Bypassando il problema si punta tutto su una probabile - ma niente affatto certa - soluzione (vd. anche Leggi sull'immigrazione clandestina).
  • Ritirata: consiste nel ritrattare ogni affermazione di stima nei confronti del proprio idolo. Precedenti illustri: San Pietro, Gianfranco Fini.
  • La sua religione glielo impone: variante metafisica del primo punto. Impossibile controbattere senza abbattere tutte le divinità.

lunedì 1 febbraio 2010

Ultimo giorno dell'ultima licenza


Essere a Cornish, nello studio di J.D. Salinger, fa un po' lo stesso effetto di toccarsi nella sagrestia di una chiesa.
Siamo qui su invito di Phyllis Westberg, l'agente, Marcia B. Paul, l'avvocato, e Matt, il figlio. Io, in realtà, ci sono per sbaglio. Tornavo a casa dopo essere stata alla presentazione dell'iPad quando il mio aereo è stato fatto atterrare nel New Hampshire causa allarme-bomba [ma era solo un calabrese che non riusciva ad abbottonarsi i pantaloni]. Chiedendo informazioni per l'Holiday Inn più vicino sono finita in quello in cui alloggiavano gli emissari del maggiore gruppo editoriale italiano, che quando hanno visto che me la cavavo bene con l'inglese mi hanno chiesto di accompagnarli. "Ma tanto a gesti ci saremmo fatti capire lo stesso", hanno sottolineato.
Lo studio dello scrittore, dicevo, mette in soggezione. Le pesanti tende di velluto nero alle finestre, i numerosi papiri in sanscrito accatastati ovunque, una serie di barattoli di vetro che sembrano contenere urina, un orologio rotto, un teschio: tutto questo, sommato al forte odore di incenso e brillantina, rende l'ambiente forse poco adatto alla riunione. "Del resto", ci spiega il figlio, "tutte le altra stanze le abbiamo affittate a studenti della Dartmouth".
Tutto sommato non si sta stretti. I convenuti sono giusto una decina: c'è l'editor di Little, Brown & Co., un paio di persone da Hachette, due per HarperCollins, i due tizi del maggior gruppo editoriale italiano insieme a me, un signore tutto vestito di nero per Bertelsmann, e per Random House, Knopf e Pantheon un'altra persona.
"Dunque", esordisce l'agente, "siamo qui riuniti, oggi, per parlare degli inediti di J.D. Salinger. Cominciamo col dire che Salinger, Dio lo abbia in gloria, non ha più messo mano al testamento dalla metà degli anni Cinquanta, il che vuol dire che la persona che, stando al suo volere, dovrebbe curare la pubblicazione di questi inediti è Ernest Hemingway. Tutti quelli che, secondo le sue indicazioni, avrebbero potuto farlo al posto di Hemingway sono morti. Perché Salinger non abbia stilato un nuovo testamento dopo il '61 non ci è dato saperlo", e guarda di sottecchi l'avvocato, "fatto sta che, in accordo coi famigliari, si è deciso di mettere tutto in mano al miglior offerente. Questa però non è un'asta. L'asta dovrebbe tenersi tra qualche mese a New York, al Madison Square Garden. Oggi avrete solo un'anteprima, un assaggio di questi manoscritti."
Si ferma. Osserva l'uditorio. Inforca gli occhiali. L'unico rumore nella stanza è la musica dei Panic at the disco che viene da una delle camere affitate agli studenti.
"Allora", riprende, "cominciamo col dire che gli inediti veri e propri sono diciassette. Dico veri e propri perché sembra che negli ultimi trent'anni Salinger non abbia fatto altro che ricopiare pari pari, a mano, tutti i classici della letteratura. C'è il manoscritto di Guerra e Pace, quello della Recherche, quello del Decameron, quello del Don Chisciotte e molti altri. Comunque organizzeremo un'asta anche per questi. Non si sa mai", sorride.
"Gli inediti veri e propri, dicevo, sono diciassete. Di cosa si tratta? Romanzi, tre; il resto sono racconti, la maggior parte lunghi. Vi dico subito che non c'è il Grande Romanzo della famiglia Glass, come qualcuno forse s'aspettava, ma dieci dei quattordici racconti parlano di loro. Uno, intitolato The middle passage of the old ladies, ha per protagonisti i gemelli Walt e Waker. Waker torna in un altro racconto lungo in cui è la voce narrante e descrive la sua vita al convento e le sue avventure prima dell'ordinamento. C'è un racconto intitolato Zachary Martin go to America che parla delle prime esperienze di Zooey a Hollywood e ce n'è un altro sulle prime esperienze lesbo di Franny. C'è un racconto, Beatrice getting married, in cui Buddy racconta del divorzio di Boo Boo, causato dalla pubblicazione di un racconto dello stesso Buddy - un altro degli inediti, nella realtà - in cui parlava di una scappatella della sorella. Tre dei racconti sono tutti su Buddy: in uno lo vediamo mentre prepara una lezione da tenere al college femminile, in un altro mentre abborda una studentessa dopo la lezione, nel terzo mentre è casa con la studentessa per, insomma, ci siamo capiti. Il racconto lungo forse più interessante sulla saga Glass è quello che si chiama proprio Glass. Nel 1949 Buddy, Waker, Boo Boo, Franny e Zooey sono tutti riuniti sotto lo stesso tetto, nella casa di famiglia; chi per un motivo, chi per un altro. La madre Bessie sta cercando di divorziare da Les, che ha cacciato di casa, ma questi approffita della famiglia riunita per tornare dalla moglie con la scusa di avere una malattia terminale. Qui l'ironia salingeriana è al massimo", sorride.
"Per quanto riguarda i racconti non-Glass, invece, accenno solo a quello che vede protagonista Esmé, che avevamo lasciato bambina e ritroviamo adulta, mentre va all'ospedale ad abortire."
Si ferma per bere un bicchiere d'acqua.
"Ora veniamo ai romanzi. Quello per il quale sarete disposti a spendere di più è il sequel del Giovane Holden".
L'uditorio è percorso da un brivido.
"Ebbene sì", riprende l'agente, "c'è un seguito. Si intitola Tatcher and french fries. Holden è un anziano signore che vive nel New England, si è sposato più volte ma ora è solo, accudito dall'amorevole figlia. Il romanzo è concentrato tutto in una giornata, quella in cui Holden scopre che la figlia sta girando un documentario su di lui da presentare al Sundance. A proposito, è davvero spassosa la descrizione del festival - altro che phony, ne sentirete delle belle. Comunque, dicevo, la figlia vuole andare al Sundance con questo documentario sui vecchi che una volta erano persone fantastiche e invece da vecchie sono solo vecchi. La figlia è una psicologa famosa. E lui scopre i suoi piani e, be', non posso mica raccontarvi come finisce, no?"
Il tizio di Little, Brown & Co. ride nervoso.
"Gli altri due romanzi. Parliamo degli altri due romanzi. Allora, uno si chiama Here comes the sun, è lungo cinquecentosessanta pagine e più o meno è la storia del viaggio in India dei Beatles. L'io narrante è il guru Maharishi Mahesh Yogi. L'altro romanzo è molto particolare. Un uomo, uno scrittore, è in piena crisi creativa e deve preparare delle lezioni da tenere in una prestigiosa università, il che rappresenta un'occasione per riflettere su tutto il suo lavoro fatto finora. Mentre è in vacanza al mare, però, muore, ma un attimo prima di chiudere gli occhi per sempre si ricorda che in uno dei suoi libri il portagonista faceva la sua stessa fine: praticamente la sua morte lui l'aveva già scritta. Allora quest'attimo si dilata sempre di più e la vita dell'uomo e quella dei suoi personaggi si fondono e si mischiano e si perde totalmente il confine delle cose e, ecco, è un bel casino. E con questo casino chiudiamo il nostro incontro di oggi. Grazie di essere venuti. Speriamo di vedervi tutti al Madison Square Garden".
Prima di togliersi gli occhiali chiede: "Ci sono delle domande?"
Uno dei due emissari del maggiore gruppo editoriale italiano mi sussurra qualcosa all'orecchio e io traduco: "C'è una domanda per Matt Salinger. Ha mai pensato di scrivere qualcosa sulla sua esperienza come Capitan America?"