Cara Regina,
sono una studentessa universitaria ventitrenne della provincia di Milano che ha appena scoperto che probabilmente ha sbagliato tutto.
Ti spiego.
Ho sempre cercato - da quando non riesco più nemmeno a ricordarmelo - di essere diversa, di distinguermi. Il mio credo era riassumibile nel motto "non fare quello che fanno tutti", che presto diventò, più genericamente, "non fare quello che fanno gli altri".
Se le mie amiche dopo scuola non si perdevano una puntata di Dawson's Creek, a me infastidiva anche solo la sigla. Quando i pomeriggi di maggio loro infilavano le mani nei pantaloni dei fighetti della scuola, nascoste all'ombra del parco, io ero a casa a leggere All'ombra delle fanciulle in fiore. Da quando ho deciso che posso innamorarmi, non riesco a stabilire un rapporto che non sia costantemente in bilico, per non dover essere costretta ad ammettere che "ho un ragazzo" anch'io.
Non ho mai viaggiato per il semplice gusto di farlo, temendo di finire nella casella di quelli che il viaggio fa bene alla mente/aiuta a scoprire se stessi/amplia gli orizzonti culturali. Non mi sono mai legata al luogo in cui vivo.
Spesso ho nascosto i pacchetti di sigarette dei miei amici che avevano paura di essere scoperti dai genitori, senza mai fumarmene una in cambio. Quando si passavano una canna sotto un cielo stellato, io dicevo "Proviamo a contare le stelle", ed ero sobria.
Senza volerlo, sono diventata una Brava Ragazza. L'unica via di fuga era nelle idee, cui d'altro canto non credevo davvero, per evitare di fare la figura della libera pensatrice ad ogni costo.
Non ho mai provato ad essere "quella che però è simpatica", né mi sono sforzata di migliorare il mio aspetto fisico.
Non ho cantato le canzoni che sapevano tutti.
Tutte le canzoni che invece ho canticchiato, tutti i film che ho visto a tarda notte, tutti i libri che andavo a scovare negli anfratti delle librerie e anche tutte le persone che ho conosciuto non ho tardato a scoprire che erano il patrimonio comune di tanta altra gente, da miei amici a persone che non sopporto o che non conoscerò mai. Come potevo pensare, del resto, che non fosse così?
"Non fare quello che fanno gli altri" ha significato "non fare niente"; "essere diversa", "non essere nessuno".
Credi che sia tardi per ricominciare da capo?
Con affetto,
Una87
sono una studentessa universitaria ventitrenne della provincia di Milano che ha appena scoperto che probabilmente ha sbagliato tutto.
Ti spiego.
Ho sempre cercato - da quando non riesco più nemmeno a ricordarmelo - di essere diversa, di distinguermi. Il mio credo era riassumibile nel motto "non fare quello che fanno tutti", che presto diventò, più genericamente, "non fare quello che fanno gli altri".
Se le mie amiche dopo scuola non si perdevano una puntata di Dawson's Creek, a me infastidiva anche solo la sigla. Quando i pomeriggi di maggio loro infilavano le mani nei pantaloni dei fighetti della scuola, nascoste all'ombra del parco, io ero a casa a leggere All'ombra delle fanciulle in fiore. Da quando ho deciso che posso innamorarmi, non riesco a stabilire un rapporto che non sia costantemente in bilico, per non dover essere costretta ad ammettere che "ho un ragazzo" anch'io.
Non ho mai viaggiato per il semplice gusto di farlo, temendo di finire nella casella di quelli che il viaggio fa bene alla mente/aiuta a scoprire se stessi/amplia gli orizzonti culturali. Non mi sono mai legata al luogo in cui vivo.
Spesso ho nascosto i pacchetti di sigarette dei miei amici che avevano paura di essere scoperti dai genitori, senza mai fumarmene una in cambio. Quando si passavano una canna sotto un cielo stellato, io dicevo "Proviamo a contare le stelle", ed ero sobria.
Senza volerlo, sono diventata una Brava Ragazza. L'unica via di fuga era nelle idee, cui d'altro canto non credevo davvero, per evitare di fare la figura della libera pensatrice ad ogni costo.
Non ho mai provato ad essere "quella che però è simpatica", né mi sono sforzata di migliorare il mio aspetto fisico.
Non ho cantato le canzoni che sapevano tutti.
Tutte le canzoni che invece ho canticchiato, tutti i film che ho visto a tarda notte, tutti i libri che andavo a scovare negli anfratti delle librerie e anche tutte le persone che ho conosciuto non ho tardato a scoprire che erano il patrimonio comune di tanta altra gente, da miei amici a persone che non sopporto o che non conoscerò mai. Come potevo pensare, del resto, che non fosse così?
"Non fare quello che fanno gli altri" ha significato "non fare niente"; "essere diversa", "non essere nessuno".
Credi che sia tardi per ricominciare da capo?
Con affetto,
Una87
Cara Una87,
devo dirti la verità: la tua lettera mi ha fatto piangere. Non ho mai letto tante idiozie messe nero su bianco dall'ultimo romanzo di Paulo Coelho.
Mi chiedi se è tardi per ricominciare. Vuoi davvero che ti risponda? E' ovvio che non è tardi. E' inutile. Assolutamente inutile.
Lo so, dovrei dirti che non è vero che hai sbagliato perché giusto o sbagliato non esiste, e che non è vero che non sei nessuno perché sei unica e speciale come ciascuno di noi. Non lo dirò, perché non lo penso.
Sbagli nel dire che "non fare quello che fanno gli altri" ha significato "non fare niente". Tu hai fatto eccome. Hai scartato una ad una tutte le opportunità che ti venivano offerte in un processo volontario e sistematico di auto-annullamento. Auto-annullamento - fai attenzione - che solo tu prendevi per tale. Perché nella realtà non hai fatto, come tu stessa dici, che omologarti a una certa tipologia umana, come ogni comune mortale. Il che significa che pentirti di quello che non hai fatto equivale ad ammettere che solo in quel modo potevi essere qualcuno, potevi essere te stessa.
E' così, Una87? Pensi che saresti stata più felice cantando a squarciagola Questo piccolo grande amore su un autobus affollato invece che Hyperballad nella solitudine della tua cameretta?
Be', Una87, tieniti forte: la risposta è no, non saresti stata più felice. Per niente.
E ti dirò di più: se a ventitre anni ti chiedi se non hai sbagliato tutto, probabilmente sei destinata a chiedertelo per il resto della tua vita. E te lo saresti domandato - ne sono quasi certo - anche se fossi diventata una puttana, una tossica, una missionaria o una ballerina di liscio.
Vuoi un consiglio? Prova ad accontentarti. E smettila con questa storia della diversità. Tanto, tra un paio di mesi, di anni o di settimane, sarai lì a dirti che sei stata una cogliona.
_ _ _ _
Cara Regina,
soffro di polluzione notturna. Devo preoccuparmi?
Anonimo
Caro Anonimo,
non si "soffre" di polluzione notturna. Anzi, la polluzione notturna è poesia.
E' la Regina Mab che arriva nel cocchio di guscio di nocciola trainato da farfalle e ti si posa sul "naso".
La polluzione notturna è essere masturbati da un sogno.
_ _ _ _
Scrivete a lacollanadellaregina@gmail.com se anche voi volete essere trattati malissimo
1 commenti:
awesome, dude :D
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